Codice della crisi d’impresa: le proposte della Categoria

Codice della crisi d’impresa: le proposte della Categoria

Sufficiente possedere un’esperienza maturata “non oltre l’ultimo quinquennio” al posto del tirocinio di 6 mesi. Tanto basta per iscriversi nell’elenco dei soggetti che possono svolgere le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza, tra cui rientrano anche i Consulenti del Lavoro. Questa una delle proposte avanzate dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e riassunte in un documento sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), depositato lo scorso 7 agosto presso la Commissione Giustizia del Senato. La Categoria giudica positiva la sostituzione della formazione tramite un corso di aggiornamento biennale, ai sensi della lettera d) del D.M. 202/2014. Aggiornamento, della durata di diciotto ore, che può essere acquisito tramite la partecipazione “a corsi o convegni organizzati da ordini professionali o presso un’università pubblica o privata o in collaborazione con i medesimi enti”. Apprezzate dal Consiglio nazionale anche le modifiche apportate dall’articolo 32, comma 2, del decreto legislativo all’articolo 189 del Codice. Norma “di estrema importanza”, si legge nella memoria, perché, rispetto alla previgente legge fallimentare ha consentito di disciplinare le regole applicabili ai rapporti di lavoro subordinato dell’impresa in liquidazione giudiziale. Positivo – secondo il CNO – aver eliminato dal comma 2 “l’obbligo di inviare all’Ispettorato del Lavoro l’elenco dei lavoratori nonché la prerogativa del direttore territoriale dello stesso ente di poter chiedere la proroga della sospensione del rapporto di lavoro”. Secondo la Categoria, la previsione attuale “non pare avere un’effettiva utilità”. Utile, invece, aver previsto al comma 3 che in caso di cessazione del rapporto di lavoro “prima della scadenza del periodo di sospensione o in caso di risoluzione di diritto allo spirare dello stesso termine, il lavoratore non deve restituire le somme eventualmente ricevute, a titolo assistenziale o previdenziale, nel periodo di sospensione”. Dopo una lunga disamina dell’articolo 189 (rapporti di lavoro subordinato), il Consiglio nazionale dell’Ordine propone di “specificare la disciplina applicabile alla risoluzione del diritto dei rapporti di lavoro di cui al comma 3 dell’articolo citato nel caso l’impresa in liquidazione giudiziale superi i limiti previsti dagli articoli 4 e 24 della L. n. 223/1991.   

 

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