Agli Ordini non si applica in automatico la disciplina sull’impiego pubblico
Agli Ordini professionali non si applica in via automatica l’intera disciplina del pubblico impiego, ma solo i principi generali, perché gli Ordini “non gravano sulla finanza pubblica”. Non si applica neppure la generale disciplina sulla razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica. Di conseguenza, “ogni volta che il legislatore vuole riferirsi agli Ordini professionali con norme relative alla razionalizzazione e al contenimento della spesa deve farlo espressamente”. A stabilirlo una recente sentenza del TAR Lazio (n. 9290/2022 del 2 novembre 2022) accogliendo il ricorso presentato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e nei confronti del Consiglio provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Livorno, che aveva chiesto l’annullamento della circolare n. 15 del 16 maggio 2019 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato. Stando all’atto del Mef, anche gli Ordini professionali, in quanto enti pubblici non economici sono assoggettabili alla disciplina sul pubblico impiego (titolo V del D.Lgs. n. 165/2001) e, pertanto, tenuti a inviare i dati riguardanti “la consistenza del personale in servizio e in quiescenza e le relative spese ai fini dello svolgimento delle attività di controllo sulla spesa pubblica incidente sul comporto del personale pubblico”. Una tesi che non ha convinto il Tribunale amministrativo regionale che, facendo leva sull’articolo 2, comma 2 bis del D.L. n. 101/2013, ha rilevato che agli Ordini professionali, benché enti pubblici, non si applica in automatico l’intera disciplina dell’impiego pubblico, ma solo i principi generali.
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