Non fanno reddito i rimborsi spese per trasferta all’estero anche se non tracciati
I rimborsi delle spese sostenute dai dipendenti in missioni o trasferte in Paesi all’estero in cui non è possibile effettuare pagamenti tracciati non concorrono a formare reddito. Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello n. 188/2025. L’Istante (un Ministero) chiedeva quale fosse il corretto trattamento fiscale da applicare ai rimborsi spese dei dipendenti in missioni e/o trasferte all’estero, in Paesi in cui gli strumenti di tracciabilità di pagamento non sono diffusi alla luce delle modifiche operate dalla legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 81, L. n. 207/2024). La norma citata ha modificato l’articolo 51, comma 5 del Tuir prevedendo che i rimborsi per le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto per trasferte e missioni “non concorrono a formare reddito se i pagamenti delle stesse sono eseguite con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del D.Lgs. n. 241/1997”. A seguito della modifica del comma 5 a opera dell’articolo 1, comma 1, lett. B) del D.L. n. 84/2025, “ai fini della non imponibilità dei rimborsi spese ai dipendenti per missioni e/o trasferte al di fuori del territorio dello Stato, non è più richiesta la tracciabilità del pagamento”.
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