Impatriati, la remissione in bonis non sana il mancato versamento
L’omesso versamento delle somme dovute entro il 30 giugno 2022, propedeutico alla proroga quinquennale del regime speciale per i lavoratori impatriati, non è riconducibile ad un adempimento “formale”. Di conseguenza il mancato pagamento non può essere sanato né ricorrendo all’istituto della remissione in bonis, di cui al comma 1 dell’art. 2 del decreto legge n. 16 del 2012, né al ravvedimento operoso. A chiarirlo l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 223/2023 sul caso di un contribuente, residente fiscalmente in Polonia e iscritto all’AIRE, che dal mese di settembre 2016 è rientrato in Italia dopo aver assunto rapporti di lavoro dipendente anche in altri Stati. Pur avendo i requisiti necessari per accedere alla proroga del regime degli impatriati per un ulteriore quinquennio, il lavoratore, a causa di una dimenticanza, non ha provveduto al versamento entro il 30 giugno 2022 dell’importo (pari al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia, oggetto dell’agevolazione di cui all’art. 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione), di cui all’art. 5 del decreto “Crescita”. Pertanto, come chiarito con la risposta ad interpello n. 383/2022, ai sensi del suddetto decreto, l’estensione del regime speciale disciplinato dall’art. 16 del decreto "Internalizzazione" è subordinato all’esercizio dell’opzione previo versamento degli importi dovuti entro il termine indicato nel provvedimento delle Entrate del 3 marzo 2021, prot. n. 60353.
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