Acconto imposta TFR anche su rivalutazione stimata nel 2023

Acconto imposta TFR anche su rivalutazione stimata nel 2023

L’acconto dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del fondo TFR, da versare entro il 16 dicembre di ciascun anno, potrà essere determinato dai sostituti d’imposta sulla base del calcolo della rivalutazione che presumibilmente sarà accantonata allo stesso fondo nel 2023, anziché con il metodo “storico”. Ai fini del computo, dunque, si potrà tenere conto dell’indice ISTAT relativo all’anno in corso, in luogo di quello rilevato l’anno precedente, di modo che in sede di saldo non si determini un’eccedenza a credito. A chiarirlo l’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 68 del 7 dicembre scorso, con cui l’amministrazione finanziaria ha accolto l’interpretazione del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, il quale sosteneva che il calcolo dell'acconto citato potesse essere effettuato dal sostituto d’imposta stimando la rivalutazione del TFR in maturazione a fine anno e commisurando l’acconto dell’imposta sostitutiva al 90% di tale importo. Questo anche alla luce del D.Lgs. n. 47/2000 che, come ricordato dall’Istante, prevede la possibilità di effettuare un calcolo “presuntivo” dell’imposta sostitutiva, alternativo a quello “storico”. Lo stesso Consiglio Nazionale ha fatto notare che la variazione dell’indice ISTAT nel 2022 ha avuto un impatto rilevante sulla determinazione della quota di rivalutazione del TFR accantonata al 31 dicembre 2022, in quanto il coefficiente di rivalutazione è stato pari al 9,97%, con conseguente incidenza sull’importo dell’imposta sostitutiva dovuta il 16 febbraio di quest’anno; mentre nel 2023 lo stesso coefficiente applicabile a fine anno sarà presumibilmente di gran lunga inferiore, impattando notevolmente sull’imposta dovuta a saldo il 16 febbraio 2024. Sempre secondo l’Istante, per effetto di tali variazioni, l’utilizzo dell’indice ISTAT dell’anno precedente per determinare il calcolo dovuto entro il 16 dicembre prossimo determinerebbe un credito da recuperare l’anno successivo. L’Agenzia, dopo un riepilogo sulla disciplina di riferimento, ha confermato in toto la visione del Consiglio Nazionale in merito all’applicazione del calcolo “presuntivo”, ricordando i chiarimenti forniti con la circolare n. 50/E/2002: “Per i dipendenti cessati in corso d’anno (entro il 30 novembre) l’acconto è dovuto nella misura del 90% dell’imposta trattenuta sulle rivalutazioni all’atto della cessazione del rapporto”. Se l’acconto pagato dovesse poi risultare “insufficiente” rispetto all'imposta effettivamente dovuta – ha precisato ancora l’Erario –, l'insufficiente versamento sarà soggetto alla sanzione prevista dall'art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, ferma restando la possibilità di regolarizzare spontaneamente la violazione attraverso l'istituto del ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997).

 

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