Buoni mobilità: se approvati dal Comune, non rientrano tra i fringe benefit

Buoni mobilità: se approvati dal Comune, non rientrano tra i fringe benefit

I buoni mobilità riconosciuti dal Comune ai lavoratori di aziende ed enti che utilizzano la bicicletta nel percorso casa-lavoro non rientrano tra i fringe benefit. Questo il parere reso con la risposta n. 274 del 4 aprile scorso dall’Agenzia delle Entrate, che sottolinea come i contributi erogati da un amministrazione comunale al fine di incentivare la mobilità sostenibile non sono riconducibili alle categorie reddituali individuate dal Tuir (artt. 49, 50, 51, 6). L’Istante, attivo nella gestione e amministrazione del personale sulla base di una convezione siglata con alcuni Comuni della zona, comunica di voler riconoscere ai dipendenti in servizio il rimborso per il pagamento delle utenze domestiche, entro il limite complessivo di 600 euro (decreto Aiuti-bis). Uno dei Comuni, però, ha sottoscritto un protocollo con la Regione che prevede, al fine di promuovere buone pratiche in tema di sostenibilità, l’erogazione di buoni mobilità in favore di dipendenti, con sede lavorativa nel Comune, che utilizzino la bicicletta nel percorso casa-lavoro, previa adesione a un accordo di mobility management. Il dubbio dell’Istante sorge perché tra coloro che partecipano all’iniziativa ci sono anche alcuni suoi dipendenti: ci si chiede, dunque, se i buoni mobilità possano entrare in contrato con il riconoscimento del rimborso sopracitato. A tal proposito, le Entrate precisano che i buoni mobilità in questione “non trovano la propria origine e giustificazione nel rapporto di lavoro dipendente in essere tra il beneficiario e il datore di lavoro (incluso l’Istante), bensì nella promozione da parte dell’amministrazione comunale di «comportamenti virtuosi dei cittadini negli spostamenti sistematici casa­lavoro, coerenti con obiettivi di sostenibilità ambientale»”. Di conseguenza, non configurandosi quale emolumento in denaro offerto al dipendente in relazione al rapporto di lavoro e non essendo riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati (artt. 49 e 50 Tuir) né tra le altre categorie reddituali (art. 6 Tuir), non rileva ai fini del calcolo del limite previsto dall’art. 51, comma 3 del Tuir ed è pienamente fruibile.

 

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